giovedì 26 novembre 2020

[5.0] Pillole di pensiero: Grasshopper e il parametrico

Questo post è da considerare come steam of consciousness relativo a considerazioni varie sulla modellazione parametrica.


lezione su Grasshopper, tenuta da Gaetano De Francesco durante il corso di CAAD2021


Il modellare parametrico è un mezzo gigantesco, enorme. Forse anche più grande di noi.

L'idea di avere un modello 3D praticamente finito e poter modificare, ad esempio, il numero di pilastri e travi facendo scorrere solamente uno slide per me è pazzesco, sia a pensare alla semplicità con cui si possono modellare superfici curve ma sopratutto a pensare alle ore passate a disperarmi sui file dwg dove, per aggiungere anche solo una finestra, bisogna rimettere mano ad almeno 4 disegni diversi. 

In un certo senso, anche con il BIM stiamo vivendo la stessa rivoluzione, dove non esiste più il concetto di "elaborati" ma tutto viene considerato insieme. Per quanto mi riguarda, siamo a un punto così importante di svolta che possiamo paragonare al passaggio da squadra e matita al CAD: questa volta non cambia il mezzo (il computer, che, però, è diventato molto più potente) ma cambia il modo di pensare, di agire e di ragionare. 

Chi muove critiche su questo nuovo "metodo" mi ricorda un po' chi giudica Cattelan, Koons, Hirst e in generale gli esponenti dell'arte contemporanea come degli incapaci, per la mancanza di lavoro manuale o di tecnica, quando non c'è niente di più sbagliato: cambiano i mezzi, cambiano i metodi espressivi, ma l'arte contemporanea, che sia un quadro di Mondrian o un gigantesco palloncino a forma di cane, riesce a suscitare sentimenti ed emozioni, esattamente come quella rinascimentale (a tal proposito, consiglio la lettura di questo libro, illuminante sia per gli appassionati d'arte che non). E, secondo me, la stessa identica cosa può essere detta anche per chi progetta tramite Grasshopper, utilizzando algoritmi piuttosto che disegni: si apre una strada di infinite possibilità che permettono di andare verso sistemi sempre più complessi e integrati, il processo mentale e creativo devono essere utilizzati ancora di più e, se impiegato nella maniera corretta, il computer ci aiuterà ad esprimerci al meglio, non a limitarci. 

E siamo solo all'inizio!



lunedì 9 novembre 2020

[4.0] Vettori e Layer • Appunti

 VETTORIALE vs. RASTER

Si inizia a passare a un nuovo sistema di rappresentazione delle immagini: dal sistema raster (quello classico, basato sui pixel) si passa al mondo vettoriale. Si ragiona per descrizione di elementi e non per porzioni di schermo (pixel): si darà un punto di partenza, uno di fine e una descrizione dell’entità di cui parliamo (punto, linea, rettangolo, etc…). A questi elementi si può accoppiare una trasformazione senza perdita di qualità (scala, duplica, distorci etc…), conservandone così la natura originaria.

La differenza con il raster è che l’immagine non è “incisa” (i pixel sono paragonabili, volendo, a un punto croce), ma è appoggiato sullo schermo: l’indipendenza dallo schermo permette tutti i punti precedenti e rende l’immagine vettoriale molto più svincolata dalla griglia rigida usata in precedenza. 

La descrizione della linea può avvenire anche tramite descrizione matematica (curve di Bezier, derivate da equazioni matematiche e gestite tramite punti di controllo) che ad esempio può essere comodo per definire curve, spline e similari. 


LAYER

Il sistema dei layer serve a dividere, gestire e organizzare le entità vettoriali (e non solo) tramite sistemi congrui e coerenti. I layer sono importanti perché hanno conseguenze in vari aspetti della nostra vita.

Il primo è quello interpretativo e critico, in quanto noi stessi vediamo il mondo tramite layer, sin da prima della nascita del concetto stesso; il secondo è quello rappresentativo, e lo strumento in questo caso ha cambiato il nostro modo di fare e ragionare tramite sottosistemi e organizzazioni di entità simili; il terzo in modo generativo, cioè nel modo di pensare e definire l’architettura ad “immagine e somiglianza del layer”.


Un progetto che ragiona tramite layer è quello del Parco de la Villette, di Tschumi. Nato negli anni 80, rompe la tradizione del parco considerato come “polmone verde” accostando la funzione culturale. Nel progetto stesso è evidente il sistema del layer: il sistema dei punti (follies, elementi puntuali rossi), dei percorsi e del verde + costruito. Il sistema finale è proprio dato dai tre layer che si incastrano tra di loro, in una resa che secondo alcuni è più vicina al mondo raster . Anche il progetto di Koolhaas (secondo classificato) ha un approccio simile tramite layer sovrapposti. Tutti e due i progetti si rifanno al sistema urbanistico dell’overlay mappings, che ragiona sempre per livelli appartenenti a campi diversi.