sabato 12 dicembre 2020

[7.0] Modelli: Da Alexander Klein a UnStudio • Appunti


Cos’è un modello? Abbiamo diverse definizioni, ad esempio un modello da riprodurre, da attingere o da replicare (il Tempietto del Bramante, modello rinascimentale); un oggetto tridimensionale (plastico o 3D) o modello decisionale e gestionale.
Partendo dal movimento moderno, possiamo approfondire l’ultimo punto: si hanno quattro tipologie di modelli decisionali che descrivono il modo di leggere e definire il processo progettuale.

Il primo è il modello OGGETTIVO, definito da Alexander Klein e Ernst Neufert. Quale erano le scelte, il metodo e il modello con cui lavoravano? Tramite una logica analitica, sommativa e funzionale, con un elenco di parametri e regole quali esposizione solare, minimizzazione dei percorsi, fissione tra zona giorno e notte, netta divisione delle funzioni. Il frutto è quello di un modello che si basa su indicazioni prescrittive. Con questa logica sommatoria e analitica si trovano anche l’operato di Le Corbusier e Kahn.

Negli anni ‘60 c’è una forte critica al modello funzionalista e nasce il modello PRESTAZIONALE, e si perde la logica lineare per essere sostituita da un modello più complesso, basato principalmente sulle relazioni e non su una divisione gerarchica. La nascita di questo modello si deve a Christopher Alexander e al suo libro, “Note sulla Sintesi della Forma” Tutto quello che era il mondo funzionalista, che vedeva la città come un albero iper-gerarchico, viene sostituito dal modello a semi-?, dove i vari ambiti si compenetrano e collaborano, invece di essere solamente disposti a cascata. Viene dato un estremo focus alle prestazioni che l’edificio deve avere e non solo alla sua forma. 

 

Il modello STRUTTURALISTA si basa invece su un sistema di scelte e variazioni. Uno dei capostipiti di questo modello è Jonathan Habraken, architetto olandese che introduce la logica strutturalista sempre negli anni 60. Il metodo lavora nell’ottica di un sistema definito da regole che però varia in differenti declinazioni: lo spazio ha un modulo di base ma presenta diversi variabili (nel progetto di Hertzberger a Apledoom il modulo di base è un quadrato che varia in altezza, disposizione interna, collegamenti con gli altri moduli, etc...).



L’ultimo modello, invece, è quello DIAGRAMMATICO. Per la prima volta c’è una prefigurazione di direzione e di intenti: non si prefigura la forma, bensì l’intento, e tutto ciò è possibile grazie al ruolo importantissimo definito dall’IT nel pieno di questa terza ondata.
A tal proposito è interessante vedere il diagramma utilizzato da Eisenman per la Chiesa dell’anno 2000: la griglia si deforma e definisce una multitudine di progetti diversi, in un sistema che ricorda quello di una maglia regolare perturbata da un campo di forze. In questo modello trovano la massima espressione gli UnStudio, che progettano proprio tramite diagrammi tridimensionali che, a loro volta, funzionano perfettamente come schemi rappresentativi della distribuzione interna. 
Un edificio cruciale per comprendere questo modello di approccio è l’edificio Mercedes-Benz. Il progetto nasce proprio da uno schema di un nastro che gira su se stesso, infatti il progetto finale è un sistema di solai che si ripiegano e si collegano l’uno con l’altro, dando luogo a un sistema continuo. Il riferimento del Guggenheim è evidente e la sua declinazione contemporanea lo rende un progetto ritenuto tra i più funzionali al mondo. 




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